Incontro, condivisione e dialogo. Sono questi gli ingredienti con i quali il Teatro della Città – Centro di Produzione teatrale prepara la ricetta per R-esistere e programmare la ripartenza. Una ricetta basata sull’unione e il confronto con i lavoratori dello spettacolo: dagli attori ai registi, passando per scenografi, costumisti tecnici, fino al personale amministrativo e le maestranze tutte.

Nell’ottica di questa necessità, venerdì 26 giugno, al Teatro Brancati, nel pieno rispetto delle norme di sicurezza e distanziamento sociale, si è tenuta l’assemblea-incontro indetta dai vertici del Teatro della Città, per confrontarsi sulla situazione contingente del settore teatrale.

«In questo periodo – ha detto Orazio Torrisi – hanno tanto parlato i burocrati, le istituzioni, i sindacati, i comitati ma agli artisti e ai tecnici non è stata data voce. Si fa sempre riferimento a loro, senza ascoltarli. Sì, ci sono state anche tante riunioni streaming cui abbiamo partecipato anche noi, ma ora crediamo sia arrivato il momento di guardarci in faccia e confrontarci con e sulla realtà. A partire proprio dalla capienza di un teatro. Oggi, predisponendo la sala per il distanziamento, potete notare come non potrebbero entrare qui dentro più di 70-80 spettatori. Questo è un dato di fatto. E questo significa che, così, in questo momento, non è possibile ripartire».

L’assembla si è svolta nella platea del Teatro Brancati, di fronte a un palcoscenico che si presenta ancora con la scenografia dello spettacolo L’uomo, la bestia e la virtù, che era in scena quel 4 marzo quando il DPCM chiuse i teatri. Una scelta simbolica e significativa quella di lasciare tutto intatto, che si spiega con una nuova declinazione delle tre fasi del Covid.

«Abbiamo scelto – spiega Torrisi – di aprirci al confronto in questo momento, assecondando in qualche modo quelle che sono le tre fasi di questa pandemia. E così, la prima fase, quella del lockdown per noi ha coinciso con quella del “silenzio ed ascolto” – era importante stare fermi, capire, osservare.  Ora, in relazione alla fase di “convivenza con il virus”, crediamo sia giunto il momento della fase due “riflessione e confronto”. E speriamo di avviare presto la fase tre, quella della ripartenza, che per noi sarà di “condivisione ed azione”.
Tre fasi il cui minimo comune multiplo, quindi, è sempre la condivisione su cui basare la possibile ripartenza.

«Ci hanno detto che dal 15 giugno sarebbe stato possibile riaprire tutto – continua Torrisi. Noi crediamo che, di fatto, ci sia stata una fuga in avanti nella necessità di assecondare le richieste dei grandi festival e dei grandi eventi lirici e sinfonici che, alla stregua del campionato di calcio, hanno interessi economici fortissimi. Nel caso dei piccoli e medi teatri, la situazione è evidentemente molto diversa».

Parole che hanno stimolato il confronto durante il lungo dibattito che si è protratto per tre ore e al quale hanno partecipato molti degli attori vicini al Teatro della Città. Tra tutti, gli interventi degli attori Tuccio Musumeci, Pippo Pattavina, Miko Magistro, Guia Jelo, Angelo Tosto, Aldo Toscano, Carmela Buffa Calleo, e poi dell’autrice Lina Maria Ugolini, dei registi Gianni Salvo, Walter Manfrè del musicista Puccio Castrogiovanni e dello scenografo Vincenzo La Mendola.

Gli artisti hanno sottolineato il problema, non indifferente, della paura che è ormai instillata nelle persone e di cui a farne le spese è proprio il comparto dello spettacolo. Per alcuni, invece, questa crisi, al momento può anche rappresentare un’occasione da cui ripartire in modo diverso. Un’opportunità per ripensare le modalità lavorative senza riproporre gli errori del passato, ovvero quelli di accettare di lavorare senza tutele e della mancanza di riconoscimento come figure professionali. È emersa la necessità di tornare a una normalità ma con un nuovo approccio contro ogni mortificazione del lavoro dell’artista. Che è lavoro e come tale va supportato e tutelato. E, anche se si è parlato, in termini più poetici, di un teatro che deve riacquistare il ruolo di specchio della realtà e che deve essere capace di ristabilire un dialogo nuovo con il pubblico, a emergere prepotentemente è il grido di un comparto che non riesce a ripartire e la paura dei lavoratori che con la loro arte e la loro professione pagano mutui e mantengono le famiglie.

Da più parti è stata anche segnalata la profonda disparità di trattamento tra i teatri pubblici e privati che è ancora più evidente in questo momento. Infine, è stata sottolineata, da più parti, la grande esigenza di una legge sul teatro.

 

«La gestione dell’azione deve avvenire attraverso e entro le leggi – ha concluso Torrisi – . L’obiettivo deve essere, oggi più che mai, chiedere una legge perché non si può continuare a programmare e a basarsi solo sui decreti-leggi di anno in anno e di triennio in triennio. È il momento di rimettere in discussione tutto il sistema teatrale italiano. Noi  vorremmo presto entrare nella terza fase, quella della condivisione di argomenti e azione. E pensiamo che il prossimo passo sia quello di cominciare a ritrovarsi e di proporre incontri, laboratori, residenze con operatori del settore, per confrontarsi con parametri che aiutino a migliorare la qualità. Siamo anche convinti della necessità di riavviare un discorso con il mondo della scuola che è fondamentale per il presente e per riprogettare il futuro del teatro, ripartendo da un percorso di risocializzazione delle comunità in cui si vive».

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