SPETTACOLO ANNULLATO a causa di una riscontrata positività al Covid-19 di un componente della compagnia.

Ninni Bruschetta e Federica de Benedittis vi aspettano al Teatro Brancati il 12 e 13 marzo e dal 18 al 20 marzo. Uno spettacolo di Giuseppe Dipasquale | con Ninni Bruschetta e Federica De Benedittis | con l’amichevole partecipazione di Roberto Lipari | produzione Teatro Stabile d’Abruzzo.

Si può giocare con la Pandemia, teatralmente parlando? A volere considerare in una nuova prospettiva di lucida razionalità questa assurda vicenda che è piombata addosso alle nostre teste da più di un anno a questa parte si potrebbe rispondere, con tutto il paradosso del caso, certamente sì! Nella nostra pacifica modernità, alla fine di gennaio del 2020, una terribile pandemia ha colpito il mondo decimando uomini e cose, colpendo la vita, gli affetti, l’economia e la psicologia di massa, lasciandoci boccheggianti e appesi ad un’unica domanda: perché si muore?

Nel 1722, l’inglese Daniel Defoe, quello delle Avventure di Robinson Crusoe, pubblica il Diario dell’anno della peste, romanzo storico che narra le vicende dell’epidemia di peste bubbonica che investì Londra nel 1665, cui lo stesso Eugene Ionesco si deve essere ispirato quando nel 1974 scrive Jeux de massacre, affresco paradossale sulla morte di epidemia che invade le città sterminando a migliaia uomini donne e animali. Conscio di questi due grandi modelli, Giuseppe Dipasquale, regista e autore teatrale con all’attivo decine di testi teatrali scritti anche in collaborazione ad Andrea Camilleri, ha composto per il Teatro Stabile d’Abruzzo un testo dal titolo “Pandemia”, che è interpretato da Ninni Bruschetta e Federica De Benedittis.

E’ un beffardo delirio di una coppia vagante nel tempo, dagli anni ’20, fino ai nostri giorni, che vive e subisce una declinazione beffarda e comica della Pandemia, morendone e risorgendone più volte, giocando dentro la sua assurda casualità fino a celebrare il massacro dei massacri, ovvero quello dello spirito, sul tema che sostiene quella ineffabile domanda: perché si muore?

L’amaro sapore del soggetto tematico non concede tuttavia allo spettacolo nessuna tristezza, nessun compiacimento fatalista che ci si aspetterebbe, anzi lo tratta con una certa irridenza, con spirito comico e beffardo, con tutto il necessario assurdo della situazione e del linguaggio che alle orecchie e agli occhi contemporanei suona come disperatamente reale. Prigionieri di una casa, come dell’ultimo ricovero a difesa del male che si è diffuso in tutta la città, Lui e Lei, respingono scena dopo scena i colpi della Pandemia, come in una partita a scacchi che segna sempre e solo un vincitore. Ma la loro difesa è fatta di assurda quotidianità, di ironica indifferenza, di divertente lucidità e di inconfessabile incomunicabilità. Il tempo scorre insieme a loro e li rinnova ogni volta per affrontare una nuova sfida, una nuova prova di sopravvivenza che porta inesorabilmente a nuova soluzione finale. Tutto sembrerebbe decretare una impossibilità di vittoria dell’uomo contro gli effetti dell’infezione, quando un finale a sorpresa ci spiazza sul senso naturale della vita restituendoci fiducia e speranza anche nei confronti della morte che ha finalmente raggiunto la sua estrema ordinarietà.

A margine di ciò una riflessione va fatta sul teatro e sulla sua riapertura. Ripartire dal giuoco sulla pandemia è un modo per esorcizzare ciò che ha socialmente e psicologicamente determinato il vero contagio letale sull’attività teatrale. Solo nel teatro esistono gli anticorpi virali per combattere il virus della dissoluzione artistica e teatrale che ha colpito più di altri e con maggiore non necessaria violenza il settore. Una sorta di nemesi ciclica che deve recuperare la necessità di inviare ogni novello Teseo alla sconfitta del Minotauro per porre fine alla peste della città. Il Teatro è Teseo come il Minotauro è la faccia della peste e del contagio che si abbattuto su noi. Affrontarlo e guardarlo in volto, irriderlo, e possibilmente sconfiggerlo, almeno per una volta, è l’unica possibilità per tornare ad uscire dal labirintico dedalo con l’aiuto del filo magico della casta Arianna in attesa sulla soglia della speranza.

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