Sabato 17 e domenica 18 luglio a Le Ciminiere di Catania, va in scena la commedia di Massimo Simili con l’ineguagliabile Tuccio Musumeci. Al suo fianco Riccardo Maria Tarci, Olivia Spigarelli, Lorenza Denaro, Luca Fiorino, Enrico Manna, Claudio Musumeci, Santo Santonocito.

Dopo il successo dell’inedita esperienza di Radio Teatro Città on web che l’ha visto impegnato nella produzione di ben 23 radiodrammi, il Teatro della Città – Centro di Produzione Teatrale riparte dalla tradizione della commedia italiana e torna a “riabbracciare” il pubblico dal vivo con il testo brillante Gli industriali del ficodindia. Protagonista della commedia è il maestro Tuccio Musumeci, beniamino del pubblico e punto di riferimento del teatro siciliano e nazionale. Dopo un anno di stop forzato, la compagnia del Teatro della Città torna a calcare il palcoscenico e lo fa nella propria città, nell’ambito del cartellone Catania Summer Fest 2021. La pièce andrà, infatti, in scena sabato 17 e domenica 18 luglio (ore 21) nell’Anfiteatro Le Ciminiere di Catania (info e prenotazioni allo 095.530153). Al fianco del mattatore Tuccio Musumeci, che torna a interpretare il ragioniere Scillichenti, ci sono Riccardo Maria Tarci nei panni di Don Ferdinando Nuscarà, Olivia Spigarelli in quelli della governante Antonia e tutta l’affiatata compagnia del Teatro della Città con Luca Fiorino (Ferdinando II), Lorenza Denaro (Sisina), Claudio Musumeci (Shannon, l’americano), Enrico Manna (Il turco), Santo Santonocito (L’avvocato). La regia è di Giuseppe Romani, scene e costumi di Giuseppe Andolfo, le musiche di Matteo Musumeci. La storia alla base della commedia si sviluppa da quella che il catanese Massimo Simili raccontò, all’inizio, nell’articolo “Il miracolo economico del cavaliere Nuscarà”. Era la vicenda vera, ma inverosimile, di un abile truffatore, un tizio che riusciva a farsi finanziare il progetto di spremere la buccia del pistacchio fresco per ottenere la “pistacchiola”, potente collante siciliano. Un’industria che, naturalmente, rimaneva sulla carta ma arricchiva l’industriale. L’articolo prospettava un caso limite talmente paradossale che in tanti proposero all’estensore di sviluppare l’argomento in un libro. «Con l’aggiunta di altri episodi – diceva Simili – , e cambiando il pistacchio con qualcosa di più tipicamente isolano, scrissi Gli industriali del ficodindia… Nel fenomeno degli industriali del ficodindia, c’è un particolare importante: un imbroglio del genere presuppone degli approfittatori d’altissima classe che – chiamateli filibustieri, chiamateli figli di cane, chiamateli come volete – sono anche degli artisti, se è vero che l’arte è una cosa a sé, al di là del lecito e dell’illecito. Gente dalla quale bisogna tenersi alla larga, d’accordo, rifacendole tanto di cappello: la ricchezza d’immaginazione è un grandioso spettacolo».

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